Tra i tanti nodi da sciogliere, quello delle pensioni sembra essere quello più arduo per lesecutivo gialloverde. Ci sono infatti promesse elettorali ambiziose da mantenere, ma anche conti da far quadrare. Si parla in questi giorni soprattutto del taglio delle cosiddette pensioni doro, che “fa parte del contratto di governo, poi vedremo i profili costituzionali. Chi prende una pensione superiore ai cinquemila euro senza aver pagato i contributi non si vede perché debba prendere di più” ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, su La7 alla trasmissione Otto e mezzo.
Il taglio delle pensioni doro sembra essere una vera e propria concretezza, ma a mancare è ancora la modalità precisa; vero è che sarà sicuramente più facile trovare una soluzione effettiva su questo versante che su quello della celebre “quota 100”.
“Abbiamo depositato oggi in Commissione Lavoro alla Camera la proposta di legge per tagliare finalmente le pensioni doro ha annunciato Maria Pallini, capogruppo M5S in Commissione Lavoro alla Camera dei deputati La Commissione comincerà lesame della legge la prossima settimana. Andremo a ricalcolare secondo il metodo contributivo tutti gli assegni superiori ai 4.500 euro al mese. È un segnale importante nella nostra lotta agli sprechi”.
Per giungere alla famosa formula delle pensioni quota 100, ma anche al reddito di cittadinanza e alla flat tax sono necessarie specifiche coperture, a partire dallo sfioramento del deficit; Giorgetti conferma: “Si può arrivare anche allo sforamento del 2% ma non con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso”. Nella maggioranza il confronto è continuo e aspro, perché Lega e M5S sanno di giocarsi molto con la Legge di Bilancio. Il ministro dellEconomia Tria ripete però spesso che i presunti benefici di un incontrollato aumento del deficit rischiano, poi, di essere annullati dallaumento degli spread.
Parliamo di numeri: quota 100 costerebbe, secondo le stime arrivate al ministero del Lavoro, circa 8 miliardi nel 2019. Dal prossimo anno per andare in pensione di vecchiaia servono 67 anni detà (e 20 anni di contributi). Per la pensione anticipata servono ora come ora almeno 43 anni e 3 mesi di contributi per i lavoratori, un anno in meno per le lavoratrici. Quota 100 invece prevede in teoria laccesso alla pensione già a 62 anni detà, purché si abbiano 38 anni di contributi.
Per contenere i costi, vengono analizzate e valutate le ipotesi “di riserva”: come scrive il Corriere della Sera, il governo potrebbe decidere di applicare il ricalcolo contributivo (sui versamenti dal 1996 in poi) per chi va in pensione con quota 100, il che significherebbe prendere un assegno più basso (del 10-15%). Oppure consentire non più di due anni di contributi figurativi e agganciare quota 100 agli scatti biennali della speranza di vita.
“La riforma Fornero i danni maggiori gli ha già provocati con gli esodati a cui nessuno restituirà ciò che hanno perduto” dice Francesco Prudenzano, Segretario Generale di Confintesa, in merito alla proposta governativa sulle pensioni a quota 100, fortemente voluta dalla Lega.
“Ci sono ancora circa seimila persone – continua Prudenzano – che nel 2011 furono bloccati nel limbo degli esodati e che da anni dovevano usufruire della pensione ma, in assenza della nona salvaguardia, non possono accedere ad un loro diritto. Un fatto grave se si pensa che la nona salvaguardia sarebbe finanziata dai risparmi delle precedenti salvaguardie e quindi avrebbe un costo zero per le casse dello stato. Inoltre, la tanto decantata quota 100 potrebbe – continua Prudenzano – certamente liberare alcuni posti di lavoro ma non è automatico che i giovani possano usufruire di questo turn over se non si mettono in atto politiche del lavoro che favoriscano gli investimenti e riducano la pressione fiscale sulle imprese. Chiediamo e ci chiediamo, – conclude Prudenzano – quanti sono i giovani che si sono inseriti nel mercato del lavoro a 24 anni e che dopo 38 anni, raggiunti i 62 anni di età, potranno usufruire della quota 100”.